Mercato di Via Quirra, dunque. Questo è
uno dei caratteristici spazi della città, probabilmente uno dei più
emblematici. Al suo interno esercitano commercianti di ogni estrazione sociale
che tra schiamazzi, risate sdentate ed imprecazioni smerciano la merce ad una
folla ineguale e chiassosa. Gli uomini, abbandonati ai loro discorsi sul
Cagliari Calcio e su esagerate vanterie, rimbalzano nelle loro pance che
vorrebbero liberarsi per sempre delle untuose camicie. Per interminabili ore
gli immigrati sostano nella piazza, ed a braccia conserte attendono l’improvviso
affare che potrebbe salvarli da una notte sciagurata. La loro compostezza è
sconvolgente, occhi vigili e malinconici, sentinelle allegoriche poste a
guardia del tempio.
In particolari frangenti la piazza sembra
la sezione staccata di una babele moderna, poiché nel caos annaspano personaggi
dai lineamenti, atteggiamenti e sguardi assolutamente allarmanti. Già... Se
alcuni sociologi decidessero di sviluppare una ricerca, forse deciderebbero di
sistemare dei punti di osservazione permanenti. Infatti si potrebbero
classificare caratteri tipicamente selvaggi, individui che assumono
comportamenti canini oppure felini, uomini coccodrillo, uomini che paiono
partoriti dalla mente di Dario Argento. Donne dai costumi facili, difficili o
perennemente sudici, anziane travestite da ragazzine, col perizoma che
trasborda sensuale (si fa per dire) dai pantaloni consunti. A questi si
contrappongo studenti e studentesse, signore impellicciate, uomini provvisti di
poderosi anelli massonici, ragazzi e ragazze dall’aspetto appariscente,
impiegati, valletti, facchini e professionisti di tutte le razze.
Il segretario scivolò in questo calderone
di anime e d’affari con tutto l’entourage della Federazione. Io e
Valeria giungemmo pronti ad incontrare l’illustre compagno, che numerose volte
avevamo visto destreggiarsi nei vari salotti televisivi. Ci aspettavamo che la
folla gli parlasse, lo toccasse come si fa talvolta con le “star”, domande, la
richiesta di un lavoro da parte di un disperato, ma nulla di tutto ciò... Nell’entourage si
fecero largo imbarazzo, sconcerto ed ansia, perché il segretario era
chiaramente irritato. Un evento spezzò definitivamente gli equilibri di una
situazione già precaria. Un pescivendolo, quando lo vide passare, brandì il
coltellaccio verso l’alto, urlando scompostamente e roteando gli occhi.
“Baidindi de ini noi, baidindi,
BAIDINDI!!!” (trad: Vattene da qua, te ne devi andare!!!). Conclusa la
frase, pronunciata in un’escalation di potenza, l’uomo afferrò un’orata e la
lanciò nella nostra direzione. Scansai il pesce con un colpo di reni, ma una
compagna del direttivo non riuscì a cavarsela, trovandosi così l’orata
spappolata sul seno sinistro. Il segretario volle conoscere la traduzione delle
urla, quindi decise di ripartire immediatamente. Noi restammo impietriti tra le
risate e gli scherni di tutto il mercato, mentre Zanda si dileguava nella
confusione generale. Quell’episodio fu soltanto l’avvisaglia di una disfatta
che attendeva pazientemente dietro l’angolo. Una nuova era politica prendeva
forma, ed i primi scossoni di un terremoto democratico cominciavano a farsi
sentire.
(Brano tratto da "Valeria e le
cattive compagnie", di Vincenzo M. D'Ascanio.
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